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Il 2 agosto è calendario civile, come il 1° maggio e il 25 aprile

1 agosto 2024 – Esiste un calendario civile e il 2 agosto ne fa parte, come il 25 aprile, il 1° maggio o il 9 maggio, giorno che ricorda l’omicidio di Aldo Moro, perpetrato nel 1978, e che dal 2007 è divenuto Giornata in memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi. Questo calendario consente – o dovrebbe consentire – di serbare memoria permettendo il collegamento con il passato, la comprensione del presente e la progettazione del futuro. Ed è una memoria che ha una doppia chiave di lettura: lettura del contesto in cui maturò la strategia della tensione culminata con la bomba esplosa alla stazione di Bologna; e lettura di un quadro politico in cui la vita umana diventò secondaria, così come la protezione che uno Stato dovrebbe garantire ai suoi cittadini.

Terrore e antifascismo

Il 2 agosto 1980 era un sabato, il primo del periodo vacanziero per eccellenza. Dal 1969 al 1984, anno in cui una bomba uccise 16 viaggiatori sul treno Rapido 904 Napoli-Milano, il giorno scelto per compiere attentati indiscriminati non è stato casuale: un venerdì pomeriggio pre-natalizio per la bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura; la notte di domenica 4 agosto 1974 per la strage dell’Italicus; l’antivigilia di Natale 1984 per la seconda strage compiuta nella Grande galleria dell’Appennino, lungo la tratta Firenze-Bologna.

Colpire in quei momenti, provocare esplosioni da cui «non escano che fantasmi», per citare l’armamentario propagandistico degli stragisti, era parte integrante dell’effetto terrore. Un effetto che non sarebbe stato sminuito dall’apparente eccezione della bomba di Piazza della Loggia, esplosa a Brescia il 28 maggio 1974. Qui, infatti, non fu tanto importante il giorno – un martedì – quanto il tipo di “massa” contro cui accanirsi: cittadini democratici accorsi, nonostante la pioggia, per rispondere in modo unitario al richiamo lanciato da Cgil, Cisl e Uil e dal Comitato antifascista contro il terrorismo nero.

Scriveva Norberto Bobbio: «Fra tutte le azioni delittuose che gli uomini possono compiere contro altri uomini, la strage è una di quelle che più si avvicina al male radicale». E sempre sua era la considerazione in base alla quale «la democrazia è idealmente il governo del potere visibile, cioè del governo i cui atti si svolgono in pubblico, sotto il controllo della pubblica opinione». Negli anni delle stragi, invece, ciò non è accaduto. Dell’esistenza di depistaggi, insabbiamenti e menzogne si è al corrente da decenni. Ma, per citare il manifesto che l’Associazione vittime della strage del 2 agosto 1980 ha ideato per l’anniversario 2024 («Sappiamo la verità e abbiamo le prove»), ora ci sono evidenze che consentono di affermare anche altro.

Il diritto alla verità

In primo luogo, i dibattimenti celebrati a partire dal 2018 e in particolare il cosiddetto «processo mandanti», articolatosi in primo grado tra il 2021 e il 2022 (la sentenza d’appello è dell’8 luglio 2024), autorizzano ad affermare che quella di Bologna, da strage fascista, può essere inquadrata come strage di Stato compiuta da fascisti: il ruolo di Federico Umberto D’Amato, capo del potente Ufficio Affari Riservati del Viminale e della Polizia di Frontiera, e – seppur con compiti diversi – di un ex parlamentare del Msi, il giornalista Mario Tedeschi, sono due esempi, per quanto eclatanti, di come un pezzo della cosa pubblica sia entrata nel massacro di 85 suoi cittadini.

Dunque ecco il motivo in base al quale dedicare ancora tanto spazio alla strage del 2 agosto 1980: il diritto alla verità, che in Italia ha avuto una prima enunciazione nel 2011 quando, sulla strage di Ustica, il tribunale civile di Palermo lo citò sottolineando l’obbligo dello Stato di agire affinché verità e giustizia venissero garantite. Già esistente nella giurisprudenza internazionale e ribadito con i processi di democratizzazione in America Latina, quel diritto ha registrato un’accelerazione negli anni Duemila arrivando a far riconoscere il 24 marzo «Giornata internazionale per il diritto alla verità sulle gravi violazioni dei diritti umani e per la dignità delle vittime».

Ma molte di queste tappe rimarrebbero prive di significato se non fossero riempite – come accaduto a Bologna – di documenti e ricostruzioni attendibili. Ottenere l’istruzione di processi e disvelare responsabilità rappresenta infatti un elemento essenziale per l’identità collettiva di un popolo: la verità è strettamente legata a sicurezza e pacificazione e sapere quella verità ha una funzione di stabilità sociale.

di Antonella Beccaria, giornalista, e Cinzia Venturoli, storica (www.cantierebologna.com)

 

 

Comunque sia è e rimarrà una data incancellabile, indimenticabile, una vergogna per buona parte di uno Stato che ha deturpato la parola “democratico” ma anche carica di orgoglio per una collettività di persone che l’hanno riempita d’onore con il proprio comportamento di quel giorno, colmo di solidarietà, affetto e risposta ad un vile attentato.

 

 

 

 

 

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