“Parlate della mafia” è stato uno dei moniti più importanti di Paolo Borsellino. L’anniversario di Via D’Amelio è passato da due mesi e, in attesa della prossima commemorazione, le sue parole in terra d’Abruzzi sono state ancora una volta messe da parte. E’ la dinamica di sempre, ad ogni latitudine, che si ripete sempre uguale. Ma a cui è sbagliatissimo arrendersi. Nell’ultima intervista, poche ore prima di essere assassinato, Pasolini disse che battendo sempre sullo stesso mattone la casa crolla. E allora, contro ogni dinamica, contro l’ineluttabile che non lo è, continuiamo a battere su questo mattone e a denunciare. Come, per esempio fanno don Max e pochi coraggiosi a Rancitelli che nelle scorse settimane ha definito la situazione del quartiere pescarese “grave come un tumore al cervello”. Poco tempo prima, audito da una commissione comunale insieme con la presidente dell’associazione “Per una nuova Rancitelli”, ha descritto la mappa di criminalità e degrado.* A fine agosto la stampa abruzzese ha riportato la notizia di diversi blitz delle forze dell’ordine evidenziando che da inizio anno (a 4 mesi abbondanti dalla fine dell’anno) erano stati almeno 107 gli arresti nelle zone “calde” della città. Rancitelli è uno dei centri nevralgici, uno degli hub del narcotraffico e delle mafie locali, i cui tentacoli arrivano nelle periferie (e anche nei “salotti bene”) di altre città, fino alla Vasto dove si sono incrociati negli anni camorristi campani, mafia foggiana (nel dicembre scorso una maxi operazione ha interessato la provincia di Foggia e il vastese, mentre un mese dopo, in prima serata televisiva, in un documentario sulla mafia albanese si è fatto riferimento alla rotta del narcotraffico che arriva a Vasto), turpi appetiti locali e gli stessi clan di Pescara, Ostia, Roma. Perché tra l’Abruzzo e Mafia Capitale i legami, di sangue e crimine, sono fortissimi. Il re della droga, cresciuto in quella “terra di mezzo” di mafiosi, colletti bianchi, ex Banda della Magliana e neofascisti e che ha sfruttato anche lo stadio per affermarsi e che partecipò alla “cordata” che arrivò a minacciare il presidente della Lazio, in quella giornata nera al Divino Amore, è stato omaggiato anche da un gruppo di Chieti. La stessa città dove la maxi operazione “Tallone d’Achille” ha colpito un potente traffico di droga fiorito anche nell’ambiente “ultras”.
Tanti sono i “legami” tra l’Abruzzo e clan delle altre regioni. Il 9 settembre scorso un blitz della DDA di Napoli ha arrestato 12 personaggi legati al clan D’Alessandro, uno dei coinvolti si trovava a Giulianova. Ma non è stata la prima volta che il clan D’Alessandro s’intreccia con l’Abruzzo: l’anno scorso ci fu un maxi blitz sempre contro il traffico di stupefacenti tra le province di Napoli e L’Aquila, nell’ottobre 2010 emerse che avevano progettato di assassinare un “rivale” che si era stabilito nel pescarese. I Casamonica partirono da Pescara (e dalla loro partenza iniziò l’ascesa dei Ciarelli) e dal Molise alla conquista di Roma, i Tredicine e i Fasciani hanno origine abruzzese, varie famiglie protagoniste da anni e anni della cronaca criminale di questa Regione appartengono alla galassia dei Casamonica e vi sono legati sulle rotte del narcotraffico. Dopo l’aggressione di Spada (e sottolineo ancora una volta: una Spada poco più di un anno fa è stata arrestata in questo territorio) a Piervincenzi in quel di Ostia ci fu una reazione potente. A Febbraio Daniele Piervincenzi e David Chierchini sono stati aggrediti nel “Ferro di cavallo” a Rancitelli. Tanti silenzi, più o meno imbarazzati e interessanti, e nessuno lo ricorda più. La stessa violenza che pesta a sangue chi non accetta l’arbitrio violento, che minaccia chi disturba o non si piega al racket degli alloggi abusivi. E’ la denuncia del Sunia ormai datata nel tempo ma che ben pochi hanno ascoltato.**
Nel teramano a luglio le forze dell’ordine hanno posto fine ad un terribile sfruttamento della prostituzione, una disumana tratta di ragazze sfruttate, violentate, costantemente minacciate. E che ci siano di questi turpi e disumani sfruttamento della schiavitù sessuale – ed è quotidianità dalla cosiddetta “bonifica del tronto” (qui un documentario televisivo andato in onda in prima serata sul contrasto allo sfruttamento della prostituzione da parte delle mafie nigeriane https://it.dplay.com/nove/sirene/stagione-1-episodio-2-operazione-mafia-nigeriana/ mentre già nel 2010 “Sahel”, una delle principali operazioni nazionali contro le mafie nigeriane e lo sfruttamento della schiavitù sessuale coinvolse Abruzzo, Marche e Puglia a ennesima dimostrazione di quanto sono forti le connessioni criminali tra la nostra Regione e la Puglia) al confine col Molise – dovrebbe sconvolgere, indignare e smuovere ogni coscienza.
Tutto questo nella regione dove per anni gente come Pasqualone (nonostante già nel 1994 fosse citato nella relazione parlamentare tante volte riportata in questi anni), Cozzolino, Ferrazzo nel vastese hanno potuto insediarsi, consolidarsi e costruire vere e proprie organizzazioni dedite a intimidazioni e spaccio. Dove a Francavilla si era insediato e consolidata una vera e propria ‘ndrina capeggiata da Cuppari. Dove le “ombre” sulle morti di Alessandro Neri (e proprio indagando sulla sua morte violenta l’anno scorso ci fu un maxi blitz contro la malavita pescarese) e Roberto Straccia. E’ questa sempre la stessa Regione dove le indagini sull’assassinio dell’avvocato Fabrizi provocarono terremoti giudiziari che arrivarono fino alla gestione rifiuti nella punta meridionale della Regione. E a Ferrazzo, Cozzolino e Pasqualone si potrebbero aggiungere altri nomi di ex collaboratori di giustizia, boss ai domiciliari o in “esilio” e simili che – giunti in Abruzzo – nel silenzio e nell’omertà – hanno fatto fiorire i loro sporchi affari criminali. Nel silenzio finché non sono intervenute inchieste giudiziarie. E’ questa la Regione che ha accolto (pare ora si sia allontanato da oltre un mese, per mesi e mesi) uno dei rampolli di Totò Riina, a cui è stato revocato ogni provvedimento restrittivo il giorno precedente il compleanno di Falcone (compleanni, il suo e quella della madre Bagarella pare ampiamente festeggiati qui in loco) con un provvedimento che ha stupito persino il suo avvocato, il giorno dell’anniversario della strage di Via D’Amelio (meno di mezz’ora prima dell’esplosione che assassinò il giudice Borsellino e la sua scorta) chiuse l’asta online per la cover per cellulari con la copertina del suo libro. Quello del “padre amorevole” e della sua bella famiglia, in cui racconta che è cresciuto senza il suo caro babbo, dispiaciuto di non aver potuto neanche ricevere da lui una carezza. Le stesse cose che disse nella famigerata intervista da Bruno Vespa. E’ questa la Regione dove nel 1989 fu sventato un tentativo di attentato a Giovanni Falcone, sul quale si allega lo stralcio di un articolo de La Stampa dell’epoca. Dove è in buon ritiro l’ex ispettore Paolilli, legato ai depistaggi sull’assassinio di Nino D’Agostino e il mancato attentato all’Addaura a Giovanni Falcone. Su di lui un appello, che nell’occasione si rilancia, e una circostanziata nota è stata pubblicata dallo storico attivista abruzzese del Movimento delle Agende Rosse Massimiliano Di Pillo https://www.facebook.com/dipillomassimiliano/photos/a.679834422075466/2438696892855868/?type=3&theater .
E in conclusione un’ultima domanda sul silenzio, sull’omertà e l’incoscienza. In altri territori vicende di grave devastazione ambientale criminale hanno portato in piazza migliaia e migliaia di persone, mobilitato in massa la società civile. Sono stati denunciati ampiamente colletti bianchi, politici corrotti e conniventi, camorristi e ndranghetisti. Qui abbiamo una discarica sequestrata dove è ormai ampiamente acclarato che hanno sversato imprese di ogni tipo, da grandi e piccoli scheletri nell’armadio, ditte che sono state accostate anche al re dell’ecomafia, ditte accusate di gravi fatti ambientali in Campania e altrove. E tutto gira intorno ad un personaggio che ha ampiamente animato la cronaca nazionale e pugliese.
Alessio Di Florio
Associazione Antimafie Rita Atria
Movimento Agende Rosse “Paolo Borsellino – Giovanni Falcone” Abruzzo
PeaceLink Abruzzo
* “Sotto il Ferro di Cavallo c’è un viavai costante di tossicodipendenti che fanno la fila per comprare la dose; ai Palazzi Clerico si spaccia cocaina, e si vede anche dalle belle auto che sfilano; dall’altro lato c’è il mercato dell’eroina aperto h24. Veniamo poi al comparto adiacente i Palazzi Clerico e dove c’è un accampamento di tossicodipendenti stanziali, inutile sgomberarlo, tornano dopo pochi minuti. La via Tiburtina è diventata la nuova ‘via della prostituzione’, le ragazze lavorano per quelli che spacciano droga. Via Lago di Capestrano è militarizzata dalla criminalità con due Circoli privati e un bar, nati all’interno di spazi al pianterreno di proprietà dell’Ater non si sa in base a quale bando o graduatoria. In via Lago di Borgiano ci sono altri accampamenti e in via Sacco c’è un’infinità di ruderi e terreni abbandonati, anch’essi occupati da tossicodipendenti. Stessi problemi in via Nora, via Trigno, via Tronto e via Alpi”. Un sistema definito al termine dell’audizione “mafioso” all’interno di “una bomba sociale con gruppi organizzati che gestiscono uno spaccio controllato di droga: a ridosso dei Palazzi Clerico si spaccia cocaina; all’interno del Ferro di Cavallo c’è la fila ventiquattro ore su ventiquattro per la vendita di eroina; a ridosso dei ruderi ci sono almeno 4 accampamenti con tossicodipendenti stanziali e in via Tiburtina dilaga la prostituzione di giovani che poi usano i soldi sempre per comprare droga”.
**Uno stato d’assedio con gang che “si fanno la guerra per spartirsi il territorio”, “bande di soggetti che girano armati di coltelli e pistole, che spacciano droga, minacciano e picchiano le donne del quartiere che osano ribellarsi. Squarciano gli pneumatici delle auto, su cui versano a sfregio barattoli di vernice colorata”, occupazione abusiva di alloggi “presi con la forza e le minacce ai residenti: se non ve ne andate, bruciamo le case. Dentro gli appartamenti vuoti, vengono lasciati a guardia i pitbull. Gli alloggi vengono poi rivenduti, da questi soggetti ai disperati, per cifre che vanno dai 600 ai 2000 euro”. I residenti, denunciarono gli esponenti del Sunia, vivono “nel terrore” di “gente che si accoltella” e va “in giro armata di pistola, che controlla un giro di prostituzione e pedofilia, che si rivendono tra di loro gli appartamenti da occupare a 6-700 euro l’uno”.