di Marcello Campomori
Desidero esprimere la gioia e la riconoscenza per il tempo donato da Angelo e Ciccio a questo spicchio di terra Toscana. Per il vostro lavoro così ben fatto e per il vostro stile, preciso, premuroso e accogliente. Le testimonianze di Ciccio e Angelo fanno attraversare il muro di una comunicazione volutamente superficiale per entrare da dentro nella storia d’Italia. Nel contempo muovono la coscienza, facendo intravedere la figura di un cittadino migliore, più coraggioso, più determinato, più convinto. Le loro parole aprono il sentiero ad un impegno più attivo, più gioioso, che deve camminare insieme alla speranza che non muore. Un abate di un monastero dove i gruppi armati islamici, in Algeria, sgozzarono sette monaci trappisti, scrisse una lettera in anticipo al suo futuro assassino. Le parole furono più o meno queste: «Quando entrerai qui (in monastero) per togliermi la vita, sappi che io l’ho già donata». Questa disposizione d’animo ho ritrovato nel racconto dei nostri amici delle scorte. Chi sceglie di donare la vita è un vivente capace di inghiottire la morte, sopravvivendo proprio ai carnefici. La ragione della memoria sta proprio qui: mostrare la differenza fra una vita che non muore e una vita gettata al vento.
Angelo Corbo
È entrato in Polizia nel 1987. Nel 1990 è stato assegnato alla scorta del giudice Giovanni Falcone (Quarto Savona 15). Il giorno della strage di Capaci si trovava nella terza macchina del corteo ed è sopravvissuto. È autore del volume «Strage di Capaci – paradossi, omissioni e altre dimenticanze».
Francesco “Ciccio” Mongiovì
È entrato in Polizia nel giugno del 1987. Dalla fine del 1988 è stato assegnato alla scorta del giudice Giovanni Falcone (Quarto Savona 15). È Sovrintendente Capo della Polizia di Stato, attualmente responsabile per i progetti sulla legalità del sindacato di polizia MP.
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