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Dichiarazione di Fabio Repici sui fatti messinesi

Agli organi di informazione
 
La mattina del 9 ottobre – solo sette giorni dopo il suicidio di Adolfo Parmaliana e le denunce sulla malagiustizia barcellonese e messinese da lui lasciate – la giunta distrettuale messinese dell’Associazione nazionale magistrati tappezzava i muri del palazzo di giustizia di Messina con un documento da basso impero (trasmesso, oltre che al Consiglio dell’ordine degli avvocati di Messina ed al Csm, anche ad un solo organo di stampa, il quotidiano Gazzetta del Sud, evidentemente eletto dalle toghe quale proprio “foglio” ufficiale) nel quale l’Anm lamentava che nella puntata di domenica scorsa della trasmissione “Blunotte” di Rai3 erano state mosse accuse generalizzate e infondate all’indirizzo dell’intera magistratura messinese. Nel documento venivo attaccato personalmente con nome e cognome (unica persona destinataria di così garbato trattamento) e, oltre all’attribuzione a me di affermazioni fatte da altri, venivo invitato a denunciare all’Autorità giudiziaria, pena lo screditamento della mia figura, fatti che in verità avevo denunciato tantissimo tempo fa.
 
Avuta notizia di quel documento, provvedevo a diramare una risposta, che correttamente veniva pubblicata sia dai giornali web messinesi normanno.it e tempostretto.it sia, il giorno successivo (10 ottobre), dalla Gazzetta del Sud.
 
L’equilibrio informativo evidentemente non è stato digerito da qualcuno. Fatto è che nella mattina dello stesso 10 ottobre si teneva una riunione di magistrati indetta dalla locale Anm, alla quale in verità presenziava solo una parte delle toghe messinesi. All’esito dell’incontro, veniva diramata dai vertici della magistratura associata una nota con la quale veniva comunicato che era stato dato mandato al presidente dell’Anm di sporgere querela nei miei confronti e che si era deciso di richiedere alla trasmissione “Blunotte” adeguato spazio per replicare alle accuse, ritenute infondate, relative alle deviazioni della giustizia a Messina.
 
Avuta contezza della nuova sortita dell’Anm, predisponevo un nuovo scritto di risposta, che inviavo nel tardo pomeriggio del 10 ottobre ai giornali web normanno.it e tempostretto.it (che avevano già pubblicato in rete le deliberazioni dell’Anm e che tempestivamente pubblicavano la mia nota) ed al cronista della Gazzetta del Sud, il quale ultimo, però, mi avvisava che probabilmente il suo giornale avrebbe preferito pubblicare solo la notizia dell’assemblea dei magistrati e che, nel caso, io il giorno dopo avrei avuto spazio per replicare.

Effettivamente, sabato 11 ottobre la Gazzetta del Sud dava conto delle iniziative dell’Anm (titolando anche sul preannuncio di querela contro di me) e ometteva ogni riferimento alla mia nota di replica. Conseguentemente, nel pomeriggio di quello stesso giorno inviavo a mezzo fax al direttore della Gazzetta del Sud una formale richiesta di replica, allegando una mia dichiarazione. Poco dopo, venivo contattato dal cronista che aveva firmato il pezzo uscito in mattinata: mi pregava di telefonare al suo direttore, che aveva da obiettare su un passo della mia dichiarazione, riguardante il Procuratore generale di Messina Antonio Franco Cassata. Chiamavo, così, Nino Calarco (direttore della Gazzetta del Sud dal 1968) ed egli mi segnalava che la mia nota poteva essere pubblicata per intero, ivi compresi i riferimenti a molti magistrati messinesi, ad eccezione delle parole riguardanti il dr. Cassata. Rispondevo a Calarco che si trattava di un’indebita censura e che era sgradevole che se ne rendesse autore proprio lui, dato che il dr. Cassata (testimoniando il 27 ottobre 2005 innanzi al Tribunale di Catania nel processo di mafia a carico di due noti magistrati messinesi) lo aveva in passato indicato come una delle tre persone di propria fiducia cui aveva consegnato un proprio memoriale riservato. Evidentemente non era stata una millanteria di Cassata: Calarco (sul cui giornale è editorialista di punta un collega d’ufficio di Cassata) è davvero ligio al ruolo di tutore del Procuratore generale di Messina. Ribadivo, comunque, fino al termine della telefonata, che io non intendevo ritoccare il mio comunicato.
 
Venivo richiamato dopo poco dal cronista della Gazzetta del Sud, che, in grande imbarazzo, mi supplicava di trovare una mediazione sul testo. Per non apparire chiuso al confronto (fermo restando che si trattava delle mie dichiarazioni e che, quindi, nessuno in teoria poteva aver qualcosa da obiettare), acconsentii a che venissero eliminate dal testo alcune aggettivazioni, senza però che si toccassero i nudi fatti resocontati nella nota. Venivo, però, ricontattato da quel cronista: il suo direttore non poteva e non voleva permettersi di scrivere nulla che riguardasse il dr. Cassata. Risposi come ognuno può immaginare.

Stamattina, come volevasi dimostrare, la Gazzetta del Sud ha censurato la mia replica all’Anm. I lettori hanno così potuto immaginare che l’aggressione fattami dall’Anm era fondata, non essendo stata da me contestata sulle colonne dell’unico quotidiano cittadino.

Aggiungo solo alcuni dettagli. Sulla Gazzetta del Sud di ieri è stata data notizie che il dr. Cassata è “un altro dei magistrati citato dal prof. Parmaliana nel memoriale”, di cui evidentemente la Gazzetta del Sud e qualcun altro indebitamente conosce il contenuto. Io non conosco il testo del manoscritto lasciato da Adolfo ma mi consta che accanto a quel documento si trovassero il vergognoso decreto di citazione a giudizio per diffamazione emesso contro di lui dalla Procura di Barcellona e la fotocopia dell’articolo, di matrice redazionale, pubblicato dalla Gazzetta del Sud scavalcando il cronista che si occupa della cronaca giudiziaria barcellonese. Il sig. Calarco è quel personaggio che ebbe l’impudicizia di affermare davanti alle telecamere che, “se la mafia è in grado di realizzare il ponte sullo stretto, allora benvenuta la mafia!”.

Questo è il clima alla periferia dell’impero. Fra malagiustizia e informazione asservita, cosa resta della democrazia?

Fabio Repici

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