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E al Tribunale di Milano tornano i girotondi

In settecento, ieri davanti al Palazzo di Giustizia di Milano, per manifestare contro la legge salva-premier varata dalla maggioranza di governo. 

È stata la risposta all´appello lanciato giovedì dal Comitato milanese per la legalità, che questa volta – diversamente dal passato – aveva chiesto esplicitamente la presenze delle bandiere. «Perché nei nostri partiti c´è malessere», spiega sotto un caldo africano Nando dalla Chiesa. Malessere soprattutto nel suo, il Pd, la cui scelta di andare in piazza contro il governo solo in autunno viene duramente contestata. Anche da quelli che hanno votato per Veltroni, perfino da un consigliere comunale, Ettore Martinelli, che viene invitato a parlare. Sul palco ci sono i vessilli di Rifondazione, Verdi, dipietristri, e solo un´ora dopo l´inizio della manifestazione, compare il tricolore Democratico. Si fa vedere, e sentire, l´ex segretario generale della Cgil Antonio Pizzinato: «L´attacco del governo è su tutti i fronti, ma quello della giustizia è il più pericoloso».
Manifestazione fai-da-te, sull´onda di quei Girotondi che proprio dal tribunale di Milano alla fine del 2001 inaugurarono una stagione di grandi mobilitazioni sul tema della giustizia. I motivi del raduno stanno tutti scritti su striscioni e cartelli artigianali: «Neppure il Divo Andreotti osò sfidare i giudici denigrandoli», «Berlusconi come Caselli (Caterina): nessuno mi può giudicare. C´è anche Ottavia Piccolo, assai critica con la decisione del Pd di non aderire ufficialmente a un´iniziativa che non ha scaldato il grosso dei militanti che l´hanno anzi criticata apertamente: «Ci siamo dovuti autoconvocare, è stata una cosa nata un po´ in fretta, ma bisogna dire la verità: il Pd ha perso un´occasione, perché se aspettiamo troppo a muoverci… «. È quello che ripetono pure Martinelli («Nel mio partito ha prevalso il timore che questa protesta sacrosanta venisse confusa con la demagogia e il populismo, ma di fronte a leggi come queste non si può restare timidi o rimandare»), e Fabiano Contrafatto, quello che sventola sul palco la bandiera del Pd: «Parlare di legalità suona ormai come una bestemmia; io stimo Veltroni, ma in questi momenti non abbiamo alcun bisogno di leader che ci fanno da balia, decidiamo noi». Insomma, in piazza bisogna andarci subito, non tra tre mesi. Come dice anche la lettera appello a Veltroni firmata tra gli altri da Paolo Flores d´Arcais e Furio Colombo: ieri le adesioni hanno raggiunto quota 3.500.
 
In Repubblica, 24 giugno 2008

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