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La lettera di Massimo Ciancimino sull’esito del processo Trattativa Stato-mafia

di Massimo Ciancimino*

Come negare che quando ho appreso la notizia ho pianto, ricordo ogni singolo giorno di questo percorso, avevamo smesso di crederci invece siamo arrivati a questo traguardo: un pezzetto di verità viene riconosciuto da una Corte di Assise. Tanti anni di sacrifici sono serviti. Non è stato facile andare avanti. Voglio ringraziare prima di tutto mio figlio, VitoAndrea, il motore di tutto, senza di lui nulla sarebbe stato possibile, un figlio che mi ha dato le motivazioni e la spinta per compiere la mia scelta ma anche che ha pagato più di tutti il prezzo per le mie battaglie e sta pagando la mia assenza.

Ringrazio il dott. Di Matteo, il magistrato a cui ho messo in mano la mia vita pur con le mie paure vedendo nei suoi occhi la voglia di andare fino in fondo e la purezza di chi crede solo nella giustizia e nel suo dovere di onorare la toga che indossa, lo ringrazio di aver sempre creduto in me nonostante i tanti attacchi e taluni miei sbagli.

Ringrazio singolarmente ognuno di voi che mi avete sostenuto dandomi la forza in momenti di totale isolamento, Adriana che mi ha da sempre creduto e sostenuto.

Ringrazio i miei grandi avvocati che mi hanno difeso con passione e competenza, Roberto D’Agostino e Claudia La Barbera.

Salvatore Borsellino, di cui non dimenticherò l’abbraccio in via D’Amelio, quanti attacchi! Oggi, caro Salvatore, a chi ha gridato allo scandalo perché avevi abbracciato il figlio di un mafioso quasi per genetica mafioso puoi dire che una Corte di Assise ha certificato che io la mafia non l’ho mai agevolata, mi ha sempre fatto schifo, unica condanna la mia paura, non sono un eroe, avevo il terrore di mio padre, erano ben impressi in me il suo sguardo duro e quelle parole che mi disse quando compresi la vera identità dell’ing. Lo Verde: “ricorda da queste cose non posso proteggerti nemmeno io, fai una brutta fine se solo ne parli.” Quando è morto mio padre (secondo me non di morte naturale) appena i magistrati mi hanno chiamato anche se ampiamente sollecitati da me, ho risposto, anche se avrei potuto avvalermi della facoltà di non rispondere. La scelta più normale in questo nostro Paese.

Oggi mi ritrovo in carcere, so di aver pagato e di stare pagando un prezzo altissimo, ma comincio a pensare che forse qualcosa si possa cambiare, ho sentito il dott. Di Matteo che ha dichiarato che è solo il punto di partenza e sicuramente tante verità ancora non sono emerse. Eppure ritengo la giornata di venerdì una delle più tristi della nostra storia, aspettare ben venticinque anni per avere un po’ di giustizia, per avere una verità che non era difficile da vedere.

Oggi penso ad Adriana Castelli, la sua passione, quanto avrebbe gioito questo giorno, non perdeva un’udienza. A lei vorrei dedicare questa vittoria. 
Massimo

 

*Grazie ad Adriana Stazio che ha reso pubblica questa lettera

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