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Paolo Borsellino, magistrato e Galantuomo siciliano

di Pippo Giordano

Ci risiamo. Il prossimo 19 luglio, stesso copione. Facce tristi, posa di corone d’alloro, selfie a iosa, giornalisti che intervisteranno gli “amici” del magistrato Paolo Borsellino – chissà perché aumentano di anno in anno – e, dulcis in fundo, i soliti soloni dell’antimafia, che sciorineranno parole talvolta inconcludenti. Per fortuna, da 27 anni, l’unico baluardo di sincera partecipazione, senza inquinamenti politici, è via D’Amelio.

E sì, bisogna dare atto alla famiglia Borsellino di aver preservato il luogo, senza strumentalizzazioni politiche. Il mio commosso ricordo va alla dottoressa Rita Borsellino, con la quale ho avuto l’onore e il piacere di parlare insieme agli studenti di Cerignola. Giova evidenziare, che Rita e Salvatore Borsellino hanno evitato che le spore politiche attecchissero in via D’Amelio. Via D’Amelio luogo sacro, dove fu commessa la tragedia più grande della Repubblica. Una tragedia che si poteva evitare, come del resto tutte le stragi compiute da Cosa nostra e forse desiderate e commissionate da altri non punciuti.

Ed ecco perché, sovente, dico agli studenti che lo Stato italiano ha la responsabilità oggettiva di tutte le stragi e dell’aumento esponenziale del potere di Cosa nostra e segnatamente quello dei corleonesi di Totò Riina. A supporto di tale affermazione, elenco fatti e circostanze. Ma ahimè, la parola the end ancora non è stata scritta sulla tragedia di via D’Amelio. La parola verità risulta essere una chimera; speriamo in un prossimo futuro di poter appendere, sull’albero di via D’Amelio, un biglietto con la frase: “Finalmente Giustizia!”

Riuscirò a veder trionfare la verità sull’attentato al magistrato, ma ancor prima Galantuomo siciliano, Paolo Borsellino? Riusciranno, parimenti, i miei colleghi Vincenzo Li Muli, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, a riposare in pace? E Antonio Vullo, l’unico sopravvissuto di via D’Amelio, potrà finalmente, dire “ora so”?

Tra qualche settimana, si commemorerà il 27° anno della strage di via D’Amelio. Frotte di sciacalli vorrebbero andare a pasteggiare sul luogo della strage. Taluni, che con farisaico comportamento, risultarono essere attori principali del depistaggio più drammatico di questo Paese, saranno i primi a commemorare. Nemmeno l’elementare principio di umana pietà, fece compiere loro quegli atti utili per preservare almeno il contenuto della borsa di Borsellino. La bramosia nel rubare l’Agenda Rossa, costrinse gli avvoltoi a compiere lo slalom sacrilego per evitare di calpestare i poveri resti di Borsellino e dei colleghi. Tre anni fa, quando intervenni dal palco di via D’Amelio, in risposta al tema “Speriamo che cambi il vento”, dissi guardando Salvatore Borsellino: “me lo auguro, ma siamo a Palermo e ci credo poco…”. Si è romanzato, finanche con allusioni diffamatori, se lo scrivente era o non era presente nei tre interrogatori compiuti da Borsellino a Gaspare Mutolo. A me basta una deposizione in un’aula di Tribunale: “Il primo luglio il dottor Borsellino, salutò Pippo Giordano con un abbraccio, si vede che si conoscevano”.

Tutto il resto è pura fantasia di imbelli individui.

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