Come prima tappa della rubrica “I Mandanti Occulti” riteniamo opportuno informare i lettori dello stato delle cose in merito alle sentenze passate in giudicato ed alle inchieste ancora aperte al 2 marzo 2008 relativamente alla strage di Via D´Amelio a Palermo (19 luglio 1992). Si tratta di un breve riassunto per capire a quali risultati siano giunte la magistratura e le forze dell´ordine nell´individuazione dei mandanti e degli esecutori della strage.
Riguardo all´accertamento delle responsabilita´ per la strage in cui furono uccisi Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina, Emanuela Loi ed Eddie Walter Cosina, la magistratura ha raggiunto importantissimi risultati: sono stati condannati in via definitiva come mandanti della strage membri di Cosa Nostra del calibro tra gli altri di Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca, Pippo Calo´, Antonino Nene´ Geraci, Pietro Aglieri e Nitto Santapaola. Tuttavia rimangono ancora molte zone oscure sulle modalita´ esecutive della strage stessa e sui cosiddetti “mandanti occulti”, cioe´ sui soggetti con i quali Cosa Nostra ha condiviso il piano stragista: a distanza di oltre quindici anni dalla strage non sappiamo ancora chi premette il telecomando che aziono´ il detonatore del tritolo e da dove. Relativamente ai mandanti esterni la magistratura ne ha accertato l´esistenza ma il loro volto rimane tuttora coperto.
Sentenze definitive su mandanti ed esecutori della strage
La Corte di Cassazione ha confermato in via definitiva le sentenze BORSELLINO TER (18 gennaio 2003) e BORSELLINO BIS (3 luglio 2003), sentenze d´appello emesse dalla Corte d´assise di Caltanissetta rispettivamente il 7 febbraio 2002 ed il 18 marzo 2002. Entrambe le sentenze hanno accertato i nomi dei mandanti ed esecutori della strage interni a Cosa Nostra.
Di particolare interesse per quanto riguarda i mandanti ancora a volto coperto risulta il capitolo QUINTO della sentenza BORSELLINO BIS (pag. 732) dove la corte considera la possibile convergenza di interessi palesi ed occulti nella strage individuando tre moventi che hanno portato all´accelerazione della fase esecutiva della stessa:
1) L’intervista rilasciata il 21 maggio 1992 da Paolo Borsellino ai giornalisti francesi Fabrizio Calvi e Jean Pierre Moscardo, intervista in cui il Magistrato descrive alcuni dei canali di riciclaggio della mafia al Nord Italia. In particolare Borsellino fa il nome di una testa di ponte dell’organizzazione al nord, Vittorio Mangano, ed afferma che presso il palazzo di giustizia di Palermo è aperta un’indagine con il vecchio rito istruttorio sui rapporti tra lo stesso Mangano, i fratelli Marcello ed Alberto Dell’Utri e Silvio Berlusconi. “Non è detto che i contenuti di quell’intervista non siano circolati tra i diversi interessati, che qualcuno non ne abbia informato Salvatore Riina e che questi ne abbia tratto autonomamente le dovute conseguenze, visto che, come abbiamo detto in precedenza, questa Corte ritiene, come Brusca e non come Cancemi, che il Riina possa aver tenuto presente nel decidere la strage gli interessi di persone che intendeva “garantire per ora e per il futuro, senza per questo eseguire un loro ordine o prendere formali accordi o intese o dover mantenere promesse “ (CAP. 5, pag. 756).
2) “
La seconda “anomalia” o “patologia” che spiega l’anticipazione della strage attiene alla vicenda della “trattativa” con Cosa nostra di cui ha parlato Giovanni Brusca. Le indicazioni che offre il Brusca sono illuminanti. Per Brusca, Borsellino muore il 19 luglio 1992 per la trattativa che era stata avviata fra i boss corleonesi e pezzi delle istituzioni. Il magistrato era venuto a conoscenza della trattativa e si era rifiutato di assecondarla e di starsene zitto. Nel giro di pochi giorni dall’avvio della trattativa Borsellino viene massacrato” (CAP. 5, pag. 758). In particolare la trattativa ha visto coinvolti l´allora colonello del ROS dei carabinieri Mario Mori, il capitano del ROS Giuseppe De Donno, Vito e Massimo Ciancimino. “Non disponiamo di riscontri al se, come e quando Borsellino abbia saputo della trattativa che era stata avviata. Che la trattativa vi sia stata è stato confermato dal generale Mori e dal capitano De Donno. E che Riina legasse la strage eseguita e quelle pianificate dopo Capaci a questa trattativa ci è dichiarato a chiare lettere da Brusca… L’ufficiale (Giuseppe De Donno) precisava che l’obiettivo ultimo era di arrivare ad una collaborazione formale del Ciancimino ma che la proposta iniziale era stata di farsi tramite, per conto dei carabinieri, di una presa di contatto con gli esponenti dell’organizzazione mafiosa per un dialogo finalizzato all’immediata cessazione della strategia stragista (CAP 5, pag. 765)… In tutti i casi, questa vicenda rappresenta un fattore che ha interferito con i processi decisionali della strage. Al di là delle buone intenzioni dei carabinieri che vi hanno preso parte, chi decise la strage dovette porsi il problema del significato da attribuire a quella mossa di rappresentanti dello Stato; il significato che vi venne attribuito, nella complessa partita che si era avviata, fu che il gioco al rialzo poteva essere pagante (CAP. 5, pag. 766).”
3) “La terza chiave interpretativa dell’ “anomalia” e “patologia” nella tempistica della strage si aggancia alla proposta di Paolo Borsellino quale candidato al posto di Procuratore nazionale antimafia dopo la morte di Giovanni Falcone.” (CAP. 5, pag. 767)
Inchieste archiviate sui mandanti occulti
La sentenza BORSELLINO BIS ha accertato che “nei piani e nelle considerazioni dell’organizzazione criminale influivano alternativamente i “suggerimenti”, le “notizie”, i contatti che la stessa manteneva con elementi del mondo esterno, in qualche modo interessati a condizionare i moventi e i ragionamenti dei malavitosi e\o in certe circostanze a svolgere una vera e propria opera di induzione al delitto (CAP. 5, sentenza BORSELLINO BIS, pag. 778)”.
Il volto di questi contatti o “mandanti” esterni a Cosa Nostra e´ tutt´oggi sconosciuto anche se la Magistratura ha cercato di fare luce con i suoi mezzi su questi collegamenti: “dal 1992 sono state aperte e chiuse a Caltanissetta tre inchieste giudiziarie sui mandanti “altri”. La prima su Berlusconi e Dell’Utri indicati dai pentiti come i “referenti” di Cosa Nostra, è stata definitivamente chiusa il 3 maggio 2002. La seconda incentrata sulla “pista mafia e appalti” ha visto iscritti nel registro degli indagati Giovanni Bini, Antonio Buscemi, Agostino Catalano, Benedetto D’Agostino, Pino Lipari. Chiusa il 9 giugno 2003. La terza invece si è conclusa questa primavera del 2007 ” (Fonte: Antimafiaduemila).
Inchieste ancora aperte
Restano attualmente aperte presso la Procura di Caltanissetta due inchieste relative alla strage di Via D´Amelio: nella prima gli inquirenti indagano sul probabile coinvolgimento di apparati deviati dei servizi segreti nella strage di via d’Amelio. “Il procuratore aggiunto, Renato Di Natale, coordina l’inchiesta sui mandanti occulti della strage avvenuta il 19 luglio 1992. Secondo l’ipotesi degli inquirenti ci potrebbe essere la mano di qualcuno degli apparati deviati dei servizi segreti che ha forse avuto un ruolo nell’attentato. In particolare i magistrati stanno valutando una serie di documenti acquisiti dalla procura di Palermo e che riguardano il telecomando che potrebbe essere stato utilizzato dagli attentatori. Un altro elemento sul quale è puntata l’attenzione degli inquirenti, è “la presenza anomala” di un agente di polizia in via d’Amelio subito dopo l’esplosione. Si tratta di un poliziotto – già identificato dai magistrati – che prima della strage era in servizio a Palermo, ma venne trasferito a Firenze alcuni mesi prima di luglio dopo che i colleghi avevano scoperto da una intercettazione che aveva riferito “all’esterno” i nomi dei poliziotti di una squadra investigativa che indagava a San Lorenzo su un traffico di droga.” (Fonte: LA REPUBBLICA).
La seconda inchiesta riguarda la scomparsa dell´agenda rossa di Paolo Borsellino dal luogo della strage. Il 6 febbraio 2008 il GIP di Caltanissetta Ottavio Sferlazza ha ordinato alla direzione antimafia di Palermo l’iscrizione nel registro degli indagati, con l’accusa di furto aggravato dall’avere agevolato l’associazione mafiosa, del tenente colonnello Giovanni Arcangioli, nel 1992 comandante della sezione del nucleo operativo del gruppo Palermo I, ora insegnante nella scuola allievi carabinieri di Roma. Riguardo a questa vicenda rimando allo splendido articolo del nostro amico e collaboratore Benny Calasanzio.
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