07/04/2024 – Con questa lettera vogliamo esprimere, come cittadini e come realtà studentesche, sociali ed associative di varie parti d’Italia, la nostra solidarietà al sostituto procuratore nazionale antimafia Antonino Di Matteo, che negli ultimi giorni – non una novità – è stato oggetto di pesanti attacchi da parte del senatore Maurizio Gasparri, a causa dell’intervista rilasciata al giornalista Saverio Lodato all’interno del libro “Il colpo di spugna”, in cui il magistrato commenta la sentenza della Cassazione sulla Trattativa Stato-mafia.
Con l’atto di Sindacato Ispettivo n. 3-01023 il senatore ha chiesto direttamente al Ministro della Giustizia Carlo Nordio, quali iniziative intenda assumere “per verificare l’eventuale sussistenza di responsabilità disciplinari e a tutela della magistratura, della Corte di cassazione e dei suoi componenti” e “anche l’eventuale sussistenza di reati derivanti dalle esternazioni contenute nel citato libro”.
Gasparri vorrebbe punire Di Matteo per aver manifestato liberamente la propria opinione e per aver “osato” criticare l’operato dei giudici della Cassazione che hanno assolto lo scorso aprile i tre carabinieri ufficiali del Ros Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno e l’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, imputati nel processo insieme ai capimafia di Cosa nostra.
Nonostante le assoluzioni della Cassazione, assolutamente contraddittorie e avulse dalle risultanze processuali dei primi due gradi di giudizio, ci sono fatti storici emersi in anni di duro lavoro di pochissimi magistrati, fra cui quello del procuratore Di Matteo (pm del processo in primo grado), che non potranno mai essere cancellati. Fatti che hanno riscritto la vera storia di quello che successe durante le stragi, mentre venivano uccisi magistrati, agenti delle scorte, ufficiali dei carabinieri e civili innocenti. Fatti che dimostrano le omissioni, le complicità e le gravi responsabilità politiche ed istituzionali, aggravate da anni di vergognosi silenzi e di omertà di Stato, rimaste sempre impunite. Fatti che oggi vengono mistificati e depistati attraverso nuove ricostruzioni, avvalorate anche in Commissione parlamentare antimafia, prive di ogni fondamento e comode alla compagine governativa ed istituzionale. Che la trattativa tra pezzi di Stato e la mafia ci fu ormai è un dato inconfutabile, confermato negli ultimi 20 anni da ben 74 giudici penali, da due sentenze definitive (Processi Bagarella e Tagliavia), nonché confessato dagli stessi imputati del Ros davanti ai magistrati. Anche i familiari dell’Associazione delle vittime della strage di Via dei Georgofili hanno definito la sentenza della Cassazione “antigiuridica per violazione di legge”, “manifestamente illogica”, “totalmente mancante di motivazione sui punti determinanti” e “immorale”. Infatti, davanti a queste vergognose assoluzioni, rimane un dato storico incancellabile che proprio quell’invito al dialogo lanciato dai carabinieri a Cosa nostra fu il “precedente fattuale causale” delle stragi del ‘93, dove vennero dilaniati i corpi di persone innocenti, tra cui quello di due bambine a Firenze (Nadia e Caterina Nencioni).
Il senatore ritiene, tra le altre cose, che quanto scritto nel libro “Il colpo di spugna” costituisca illecito disciplinare per “ingiustificata interferenza nell’attività giudiziaria di altro magistrato” (cioè della Corte di Cassazione), forse non sapendo che la sentenza è già passata in giudicato, e quindi irrevocabile.
Di Matteo inoltre, sarebbe colpevole di “gravi affermazioni e pericolose insinuazioni lesive del prestigio della suprema Corte di cassazione”. Ma solo nei regimi dittatoriali possono esistere istituzioni intoccabili ed incontestabili! Chi riveste ruoli istituzionali di tali livelli ha la responsabilità di rendere conto all’intera cittadinanza (compresi i magistrati) del proprio operato, delle proprie ricostruzioni, dei propri ragionamenti, delle sentenze che intitolano “in nome del Popolo Italiano”. Ed è sacrosanto diritto dell’intera cittadinanza, compresi i magistrati, rilevare le contraddittorietà, le criticità e le illogicità, rispetto alle evidenze storiche e agli avvenimenti che hanno cambiato per sempre le sorti del nostro Paese.
Quei pochi magistrati che nel corso della storia hanno avuto il coraggio di indagare sulle complicità politiche con la mafia sono sempre stati delegittimati, prima di tutto dall’interno delle istituzioni e della magistratura (a partire da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino). Quest’ultima, storicamente ed attualmente, spesso nelle sue decisioni è stata guidata da logiche di appartenenza, da favoritismi e da connivenze rispetto ai diktat del potere politico.
Inoltre, non sorprende che negli ultimi 20 anni gli attacchi siano arrivati proprio da Forza Italia, di cui Gasparri è capogruppo: un partito fondato da un uomo della mafia (Marcello Dell’Utri, condannato definitivo per concorso esterno in associazione mafiosa) e da uno che la mafia l’ha pagata per 18 anni (Silvio Berlusconi). Un partito, per chi volesse dimenticarlo, composto da una lunga lista di ministri e parlamentari condannati per aver appoggiato, collaborato e coadiuvato in vari modi la mafia e condannati per concorso esterno: Antonino D’Alì, ex senatore ed ex sottosegretario all’Interno dal 2001 al 2006; Nicola Cosentino, ex deputato dal 1996 al 2013, poi sottosegretario all’Economia e Finanze; Amedeo Matacena, ex deputato di Forza Italia dal 1994 al 2002. E la lista, purtroppo, potrebbe continuare.
Gasparri come portavoce di Forza Italia, ha attaccato più volte chi ha osato cercare o dire la verità sui mandanti esterni delle stragi. Lo fece un anno fa, chiedendo al ministro Nordio di mandare un’ispezione alla procura di Firenze nei confronti del magistrato Luca Tescaroli, dove erano indagati Berlusconi (poi deceduto) assieme a Dell’Utri, come mandanti esterni delle stragi del 1993. Non è neanche la prima volta che attacca la libertà di espressione e di parola, se ricordiamo il suo show durante la Commissione di Vigilanza Rai quando offrì una bottiglia di cognac e una carota al giornalista Sigfrido Ranucci, convocato dalla stessa commissione in merito ad alcune puntate della trasmissione Report.
In conclusione, l’atto del senatore Gasparri, oltre che un ulteriore tentativo di persecuzione nei confronti del sostituto procuratore Di Matteo, è anche un precedente grave per tutti quei magistrati che vorranno pensare in maniera libera ed indipendente, senza logiche di appartenenza e che vorranno indagare anche politici e colletti bianchi.
Oggi viviamo in un clima in cui si cercano di reprimere in ogni modo il dissenso e la libertà di manifestazione del pensiero, garantita dall’articolo 21 della Costituzione. Si cerca di negare la storia, riscriverla, dimenticarla. Noi non ci stiamo e denunciamo con forza il processo di revisionismo storico oggi in atto, di cui la sentenza di Cassazione del processo alla Trattativa è emblema.
Sentiamo viva la memoria dei martiri di questo Paese. Il loro impegno e il loro sacrificio ci spingono a schierarci contro un sistema che ci vorrebbe in silenzio e conformi alla linea delle verità comode.
È un sistema che vuole epurare chiunque all’interno delle istituzioni non intenda piegare la testa. È in questo clima che è maturato l’attacco al dottore Di Matteo, che da anni vive con una protezione di livello massimo e per il quale, come scritto dal GIP di Caltanissetta nel 2017, resta operativo un piano di morte.
Proviamo tanta vergogna nell’essere rappresentati in Parlamento da persone come Gasparri, che, ancora di più dopo questo attacco di bassissimo livello, dovrebbe dimettersi immediatamente.
Noi stiamo con Di Matteo
Adesioni alla lettera:
- Attivamente
- Our Voice
- Movimento Agende Rosse
- ANPI Palermo
- I Siciliani
- Collettivo Rutelli
- Sindacato Regina Margherita
- Saturna
- Casa di Paolo
- Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato
- Fa.Se Cannizzaro
(Firme in aggiornamento)