di Giuseppe Carbone
L’operazione dei carabinieri e della sezione di polizia giudiziaria della procura di Genova, denominata “Tris di donne”, si è conclusa con una persona arrestata, peraltro già nota alla magistratura per precedenti per mafia, e ben 14 indagati.
Beni e società sequestrati per un valore di circa 700 mila euro, beni immobili, tra cui ben sei attività commerciali, motociclette ed automobili. Tra le ipotesi di reato contestate, si parla di “trasferimento fraudolento di valori in concorso“.
Con le manette ai polsi è finito il pregiudicato Roberto Sechi, condanne definitive alle spalle per associazione mafiosa; secondo le cronache e la magistratura legato al “clan” di tale Salvatore Fiandaca, per il quale gestiva gli affari, ivi comprese le scommesse clandestine.
Le forze dell’ordine hanno sequestrato tre “creperie”, una delle quali collocata in Corso De Stefanis , una in Via San Vincenzo ed una in Piazza Alimonda; per continuare con un locale di Piazza Savonarola e un autolavaggio in via Poggi.
Secondo la stampa che si è occupata del caso, le forze dell’ordine hanno scoperchiato il vaso di pandora seguendo il filo d’Arianna filato dalle intercettazione telefoniche a carico di un pregiudicato di nome Rocco Falsaperla, compagno di patrie galere di Roberto Sechi, al quale chiede aiuto ed una sistemazione lavorativa; lo stesso verrà collocato tra le file lavorative delle creperie gestite di fatto da prestanome.
Fin qua, la sintesi della mera cronaca, ovviamente ampiamente documentata da tutta la stampa, sennonché, la vera importanza di tale operazione sta nel fatto che viene ulteriormente dimostrato, qualora ce ne fosse il bisogno, che le infiltrazioni mafiose, con i tentacoli nelle attività economiche, ci sono anche a Genova ed in Liguria in genere. I subentri in tali attività, fanno gola alle associazioni malavitose, ottimi investimenti con proventi illeciti ed ottime “lavatrici” di denaro sporco.
Incuriosito, dopo la letture dei vari quotidiani, prendendo dei caffè nei bar delle zone sopra denominate, ho fatto finta di essere stupito di tale notizia ed ho chiesto se altri sapessero o quantomeno sospettassero tale attività criminosa. Le risposte? nessuno sapeva nulla, oppure non avevano letto i giornali. I giovani? buio completo su tutta la vicenda, non sapevano di cosa stessi parlando e mi osservavano con fare sospetto e meravigliati delle mie domande.
Allora perché rimarcare su tali conosciuti fatti di cronaca? Semplicemente perché mi farebbe piacere che le coscienze e le bocche si aprissero anche in questo “Nord” che tanto paventa la lontananza dalla terra Sicula. Il dovere della denuncia che tanto spieghiamo ai nostri figli, dovrebbe partire con il buon esempio da noi adulti, portando così avanti i sogni di Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e tutti coloro che hanno perso la vita per liberare il nostro Paese da tutte le mafie.
Ed allora mi chiedo, prima che gli inquirenti scoprissero tutto e concludessero l’operazione, se e quanti dei vicini, dei lavoratori, dei clienti sapevano ed hanno taciuto.
Giuseppe Carbone
A.R. Genova